Italo Svevo, Indice:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu, //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=-, 20160721051818, //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=-, La coscienza di Zeno - La morte di mio padre, Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu, Ultima modifica il 21 lug 2016 alle 05:18, https://it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=1766659, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. — Sì, sì, — promise mio padre e in quello stesso istante si levò e andò alla poltrona. La vicenda inizia “una sera di fine Marzo”, quando Zeno si reca a cena dal padre e viene avvicinato da una cameriera che lo informa che il genitore ha il respiro affannoso e balbetta. Accompagnai il dottore in giardino. Tuttavia non si levò dalla sedia. Poi mi fermo, ti piango, e ritrovo la forza papà. Per lui il cuore non pulsava e non v’era bisogno di ricordare valvole e vene e ricambio per spiegare come il suo organismo viveva. Si oppose alla proposta di Maria di far prendere all’ammalato un cucchiaino di brodo ch’essa credeva un buon farmaco. Invece la notte scorsa, dopo di aver passata parte della giornata di ieri a raccogliere questi miei ricordi, [p. 65 modifica]ebbi un sogno vivissimo che mi riportò con un salto enorme, attraverso il tempo, a quei giorni. Debbo dire ch’essendo sempre sola con lui, essa spesso s’era fitto in testa il pensiero ch’egli fosse malato. Mio padre non conosceva nulla di tutto ciò. Cosa da pazzi. Mi coricai e m’addormentai subito, con completa, gradevole perdita della coscienza e — ne son sicuro — non interrotta, da alcun barlume di sogno. — Dottore! Poteva questa lietezza essere anche il segno di un buon appetito: io mi tranquillai e mi misi a mangiare. Mezz’ora in più di respiro poteva decidere del destino di un patrimonio. Ricordo che quando parlò, il suo respiro mozzava e ritardava la sua parola. Ma il senso di colpa viene placato al funerale, quando il protagonista si convince che lo schiaffo non era voluto e che lui era innocente. — mi disse con un aspetto severo di ammonizione. Ora voglio la verità. Insomma io, accanto a lui, rappresentavo la forza e talvolta penso che la scomparsa di quella debolezza, che mi elevava, fu sentita da me come una diminuzione. La morte del padre appare al protagonista un momento decisivo della sua vita e un passaggio a una nuova età e a nuove responsabilità: La morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Un’altra sua debolezza gli dava dell’importanza: quando levava gli occhiali (e lo faceva sempre quando voleva meditare) i suoi occhi accecati guardavano accanto o al disopra del suo interlocutore e avevano il curioso aspetto degli occhi privi di colore di una statua, minacciosi o, forse, ironici. In quanto al mio disprezzo per le cose serie, io credo ch’egli avesse il difetto di considerare come serie troppe cose di questo mondo. Guardò intorno a sè come se avesse cercato di fuori quello che nel suo interno non arrivava ad afferrare. Il padre, ormai agonizzante, riesce ad alzarsi e a schiaffeggiare il figlio: Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch’egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Immaginavo che mio padre mi sentisse e potessi dirgli che la colpa non era stata mia, ma del dottore. Carlo m’aveva chiamato per farmi assistere ad un istante di chiara coscienza nell’ammalato: — Sono dunque gravemente ammalato? Cercai di essere esatto, ciò che non fu facile dato lo stato in cui mi trovavo. Il successo cui anelavo doveva bensì essere anche il mio vanto verso di lui, che di me aveva sempre dubitato, ma anche la sua consolazione. Mio padre sapeva difendere la sua quiete da vero pater familias. Anch’io! Era da tempo depresso, aveva fisso il pensiero della morte, ripeteva la mia vita è finita, mi spengo come una candela, desiderava morire. Poi seguirono delle lunghe ore d’attesa. Andai dal dottor Canestrini a farmi esaminare per averne un certificato. Già quello che ho registrato in questi fascicoli prova che in me c’è e c’è sempre stato — forse la mia massima sventura — un impetuoso conato al meglio. ../Il fumo — disse — Non so dirti nulla, proprio nulla. — L’accarezzava. Egli, invece, aveva saputo eliminare dal suo ricordo ogni idea di quella spaventosa macchina. Io invece battevo il pugno su un libro di medicina ed urlavo: «Le mignatte! [p. 43 modifica]. Poi si rivolse a me: Mi abbandonò per un istante, ma ritornò subito a me: Il dottore incoraggiato da tanta mitezza mi esortò a dirgli che si sforzasse di restare più a lungo nel letto. Ma mio padre non volle, dichiarando che odiava i medici quanto i becchini, e non prese neppure la medicina prescrittagli perchè anch’essa gli ricordava medici e becchini. Egli, quale medico, avrebbe potuto dirmi qualche cosa sulle capacità di risolvere e agire di un moribondo. Oggi che scrivo, dopo di aver avvicinata l’età raggiunta da mio padre, so con certezza che un uomo può avere il sentimento di una propria altissima intelligenza che non dia altro segno di sè fuori di quel suo forte sentimento. Niente movimento perchè l’esperienza diceva che quanto si moveva finiva coll’arrestarsi. Non c’era da discutere. [p. 58 modifica]Mi domandò di raccontargli esattamente quello ch’era avvenuto dal primo allarme fino al suo arrivo. Ed è stato punito con un'aggressione brutale, violenta che lo ha portato alla morte. [p. 42 modifica]. A questa si accedeva per una breve strada carrozzabile. Egli, oggi, vive ancora, decrepito e circondato dalla stima di tutta la città. Sono in complesso cose recenti e per ricordare il mio enorme dolore e ogni particolare della sventura non ho certo bisogno di sognare come vogliono i signori dell’analisi. Era un uomo magro e nervoso, la faccia insignificante rilevata dalla calvizie che gli simulava una fronte altissima. La scena finale della "morte del padre" rientra perfettamente in questa casistica, e indica ancor meglio l'inaffidabilità di Zeno quale narratore, e la finzione che sta dietro il suo rimorso e il suo senso di colpa. Vanno così le locomotive che trascinano dei pesi enormi: emettono degli sbuffi regolari che poi s’accelerano e finiscono in una sosta, anche quella una sosta minacciosa perchè chi ascolta può temere di veder finire la macchina e il suo traino a precipizio a valle. Con fervore baciai mio padre sulla fronte e nel pensiero gli augurai: — Oh, dormi! Mi raccomandò d’indurre l’ammalato di restar coricato più a lungo che fosse possibile perchè la posizione orizzontale era la migliore per la circolazione. Che fosse malato? Andammo al letto dell’ammalato. Invia tramite email. È un caso gravissimo. Adesso che invecchio e m’avvicino al tipo del patriarca, anch’io sento che un’immoralità predicata è più punibile di un’azione immorale. Non era quella la coscienza ch’io avevo tanto temuto. io ho perso mio padre 5 mesi fa all'improvviso (arresto cardiaco durante la notte) e a dire la verità quando mio marito mi parla di progetti per il futuro spesso io penso a tutt'altro. La morte aveva già irrigidito quel corpo che giaceva superbo e minaccioso. Vedo dentro nelle cose, e anche vedo quello ch’è giusto e vero e anche quello che non lo è. Mi ha insegnato, mi ha aiutato, mi ha ispirato… Poi c’è Francesca, la mia ragazza. Piangevo perchè perdevo il padre per cui ero sempre vissuto. Il protagonista domanda al dottore se non si può farlo morire in pace e privo di coscienza, ma l’uomo a quella richiesta si infuria, ampliando il senso di colpa di Zeno: Io odio quell’uomo perché egli allora s’arrabbiò con me. La stanza di mio padre, non grande, era ammobiliata un po’ troppo. A mia volta, subito spaventato dal suo grido, rallentai la pressione della mia mano. — Fra un paio d’ore probabilmente ricupererà la coscienza almeno in parte, — disse. Ogni qualvolta entravo in quella stanza ero pronto per discutere ed annebbiare quella coscienza che il Coprosich aspettava. La sua respirazione era sempre affannosa, ma non sembrava ch’egli ne soffrisse assorto com’era a guardare in alto. Feci un bel fiasco. Cercò una pronta risposta e aperse la bocca per darla. Ci può invece toccare di peggio: potrebbe cioè impazzire. — Egli lo sapeva e perciò Coprosich l'avrebbe risaputo. Nel quarto capitolo della Coscienza di Zeno si affronta uno degli episodi più drammatici e amari della sua vita, la morte di suo padre. Io so molte cose e purtroppo non so insegnartele tutte come vorrei. Piangevo oramai anche perchè compassionavo me stesso per dover star a sentire tali cose in simile momento. Devo dirlo: io mi dimostrai un buon ragazzo; rinunziai a fare un’obiezione qualunque pur di strapparlo a quel pensiero che lo faceva soffrire. Invece la morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Maria sosteneva mio padre che giaceva supino, ma con una parte del busto sporgente dal letto. Come avrei fatto a fargli sapere che l’amavo tanto? Segue poi il lungo racconto sulla malattia e la morte dell’uomo. Ansava leggermente. Ci volle la malattia per legarmi a lui; la malattia che fu subito la morte, perchè brevessima e perchè il medico lo diede subito per spacciato. In quanto concerne le donne, dai parenti appresi che mia madre aveva avuto qualche motivo di gelosia. WhatsApp. Ricordò di averci visti alcuni mesi prima ed espresse meraviglia perchè non fossimo più ritornati da lui. Ti senti male? M’interuppe con disgusto un giorno che gli parlai degli antipodi. Magari l’avessi assistito meglio e pianto meno! Ci si avviava a un conflitto. Allorchè essa aveva insistito perchè egli intanto mangiasse, era stata mandata via con modi poco gentili. Niente di male: ero caduto nelle mani di un dotto amico che aveva voluto confidarmi certe sue idee sulle origini del Cristianesimo. Purtroppo debbo confessare che al letto di morte di mio padre io albergai nell’animo un grande rancore che stranamente s’avvinse al mio dolore e lo falsificò. Il medico lo guardò e, rassegnato, mormorò: — Si vede che un mutamento di posizione gli dà un po’ di sollievo. Durante la notte che seguì, ebbi per l'ultima volta il terrore di veder risorgere quella coscienza ch'io tanto [p. 69 modifica]temevo. Poi, ancora come un bambino, aggiunsi la promessa di non farlo più: Dovettero allontanarmi a viva forza da quella stanza. Christian De Sica/ “La morte di mio padre Vittorio è stata una bella botta”. Nell’incapacità al commercio v’era una somiglianza fra di noi, ma non ve ne erano altre; posso dire che, fra noi due, io rappresentavo la forza e lui la debolezza. Esplora: giovanni minoli; Condividi: Sullo stesso argomento: Ma, invece di rimproverarmi, egli si scusò d’essere stato caparbio. Feci delle poesie per onorarla ciò che mai equivale a piangere e, nel dolore, fui sempre accompagnato dal sentimento che da quel momento doveva iniziarsi per me una vita seria e di lavoro. Il dolore stesso accennava ad una vita più intensa. Fui tanto mite allora, che quando sono torturato dal rimorso di non averlo amato abbastanza prima che morisse, rievoco sempre quella scena. Tenendo in vita suo padre io ho lasciata aperta la via a tutte le possibilità. Italo Svevo Parlò subito dell’acqua buona che l’aspettava alla prossima fontana. Costui m’ispirò fiducia e mi dispiacque solo per certa sua coscienziosità esagerata. Subito mio padre tentò di ribaltarsi verso la sponda del letto per sottrarsi alla mia pressione e levarsi. Celai il capo sul guanciale stesso di mio padre e piansi disperatamente emettendo i singulti che poco prima avevo rimproverati a Maria. E’ ciò ch’io non seppi mai perdonargli. Egli s’agitò tanto che dimenticò d’inforcare gli occhiali e tuttavia scoperse esattamente il punto ove si trovava la mia testa per fissarla con i suoi occhi terribili. — Curioso! Io, per stornarlo dal suo incubo, vinsi subito la sorpresa che mi produsse la sua comunicazione e gli dissi: — Io non avrò mai questo disturbo perchè spero che prima di me muoiano tutti i miei eredi! Andammo alla mia stanza ove egli si lavò anche la faccia. E' la denuncia di Fiammetta Borsellino nello speciale Mafia di Mentana su La7. Maria era ora seduta accanto al letto assieme all’infermiere. Arrivò a riempire la bocca di una sola fumata che subito soffiò via affannato. Io singhiozzai ancora, temendo che subito guardassero e vedessero tutto. [p. 57 modifica]. — mi disse bonariamente. Il mio desiderio di salute m’aveva spinto a studiare il corpo umano. Poteva esserci un’azione più malvagia di quella di richiamare in sè un ammalato, senz’avere la minima speranza di salvarlo e solo per esporlo alla disperazione, o al rischio di dover sopportare — con quell’affanno! Mi si avvicinò con gli occhiali in mano guardando il pavimento e, con un sospiro, mi disse: [p. 59 modifica]. Era la prima volta che si voleva da me ch’io pensassi a quelle origini, eppure m’adattai alla lunga lezione per compiacere l’amico. Credo che allora nel mio animo mancasse l’affetto che fa intendere tante cose. Io credo che nei suoi panni io avrei finito col confessare, ma che poi non avrei saputo abbandonare la sarta, visto ch’io metto le radici dove mi soffermo. ../La storia del mio matrimonio All’Università tutti lo conoscevano col nomignolo ch’io gli diedi di vecchio Silva manda denari. Poi stette a guardarmi come mangiavo, mentre lui, dopo un paio di cucchiaiate scarse, non prese altro cibo e allontanò anche da sè il piatto che gli ripugnava. Allora il dottore avrà avuto poco più di quarant’anni. Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, — a me sembra, — troppo presto. Anch’io! Il vento che soffiava ancora a raffiche, mi parve meno violento, benchè sollevasse tuttavia la neve ghiacciata. Così gli fu facile di raccontarmi il bel tiro che m’aveva fatto mettendomi sotto la tutela dell’Olivi. Sì: era tutt’altra cosa! [p. 60 modifica]. Scrivendo, anzi incidendo sulla carta tali dolorosi ricordi, scopro che l’immagine che m’ossessionò al primo mio tentativo di vedere nel mio passato, quella locomotiva che trascina una sequela di vagoni su per un’erta, io l’ebbi per la prima volta ascoltando da quel sofà il respiro di mio padre. L’infermiere disse qualche cosa al medico che [p. 63 modifica]annuì. Ne fece raccomandazione anche a mio padre stesso il quale intese e, con aspetto intelligentissimo, promise, restando però in piedi in mezzo della stanza e ritornando subito alla sua distrazione o meglio a quello ch'io dicevo la meditazione sul suo affanno. Il pianto offusca le proprie colpe e permette di accusare, senz’obbiezioni, il destino. Fumava il giorno intero e, dopo la morte di mamma, quando non dormiva, anche di notte. //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=- — Abbiate coraggio! La cosa più brutta che ho imparato con la morte di mio padre è che si sopravvive a tutto, la cosa più bella anche (eronelcassetto, Twitter) È tutto così difficile. Fu Maria che per prima parlò del medico e andò poi a destare il contadino per mandarlo in città. Nessuno lo crederebbe, ma, ad onta di quella forma, quell’annotazione registra l’avvenimento più importante della mia vita. Anch’io! Non me la perdonò mai e perciò mai ne rise. Egli mi rimproverava due altre cose: la mia distrazione e la mia tendenza a ridere delle cose più serie. In questa lettera da dedicare a un padre morto il figlio o la figlia si rivolgono al proprio papà ricordando i bei tempi vissuti assieme e tristi per la sua scomparsa. Gli attribuiva una difficoltà di parola e il respiro mozzo. Per la morte di mia madre e la salutare emozione ch’essa m’aveva procurata, tutto da me doveva migliorarsi. Prima — essa assicurava — egli s’era agitato di più, mentre ora le pareva relativamente tranquillo, ma non si sarebbe rischiata di lasciarlo solo. Per un breve istante, terrorizzato, egli obbedì. Erano degli occhi spiacevoli allora. [p. 46 modifica]Maria, la nostra cameriera, m’aspettava alla finestra e sentendomi avvicinare gridò nell’oscurità: Maria era una di quelle fantesche come non se ne trovano più. Egli era morto ed io non potevo più provargli la mia innocenza! Poi con grande fatica e con l’aiuto dell’infermiere si coricava sul letto adagiandovisi prima per un attimo sul fianco sinistro eppoi subito sul fianco destro su cui sapeva resistere per qualche minuto. Sarei stato meno malato. Stavamo insieme a scuola, mi accompagna con amore e senza paura. S’era così concessa una sosta per riflettere tranquillamente. — Papà — dichiarai io commosso — ti sentirò volentieri. — rispose seccamente. Fu come un sogno delizioso: eravamo oramai perfettamente d’accordo, io divenuto il piú debole e lui il piú forte. Benchè l’affanno fosse sempre fortissimo, egli diceva di tempo in tempo qualche breve parola assennata. La giustificazione a posteriori del proprio comportamento, tipica del resoconto memoriale che Zeno consegna al dottor S., è così duplice indizio sia della insincerità del protagonista (che non a caso altera alcuni dati del rapporto con la figura opprimente del padre) che della sua incapacità di adeguarsi alla morale vigente, cosa che lo cotringe, di fatto, a simulare una commozione che non prova. Era vero. Con questa ricca e bella chioma. Suonò il campanello e nello stesso tempo chiamò [p. 50 modifica]Maria con la voce. Lo trovammo che dormiva adagiato sul fianco destro. Invece dovevo ora lottare per fargli ingoiare la medicina ed ora per impedirgli di uscire dalla stanza. Poi soggiunse: — Adesso penserò alle parole che ti dirò domani. «Mio padre si è contagiato in quella struttura ed è morto. Pare che il mio sogno si sia fatto rumoroso perchè mia moglie l’interruppe destandomi. Se muore un genitore senza testamento ... - La Legge per Tutti Zeno non è mai riuscito ad avere un saldo rapporto affettivo con il genitore, soprattutto dopo la morte della madre. Rabbia Tra Sorelle,
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Per lui il cuore non pulsava e non v’era bisogno di ricordare valvole e vene e ricambio per spiegare come il suo organismo viveva. Si oppose alla proposta di Maria di far prendere all’ammalato un cucchiaino di brodo ch’essa credeva un buon farmaco. Invece la notte scorsa, dopo di aver passata parte della giornata di ieri a raccogliere questi miei ricordi, [p. 65 modifica]ebbi un sogno vivissimo che mi riportò con un salto enorme, attraverso il tempo, a quei giorni. Debbo dire ch’essendo sempre sola con lui, essa spesso s’era fitto in testa il pensiero ch’egli fosse malato. Mio padre non conosceva nulla di tutto ciò. Cosa da pazzi. Mi coricai e m’addormentai subito, con completa, gradevole perdita della coscienza e — ne son sicuro — non interrotta, da alcun barlume di sogno. — Dottore! Poteva questa lietezza essere anche il segno di un buon appetito: io mi tranquillai e mi misi a mangiare. Mezz’ora in più di respiro poteva decidere del destino di un patrimonio. Ricordo che quando parlò, il suo respiro mozzava e ritardava la sua parola. Ma il senso di colpa viene placato al funerale, quando il protagonista si convince che lo schiaffo non era voluto e che lui era innocente. — mi disse con un aspetto severo di ammonizione. Ora voglio la verità. Insomma io, accanto a lui, rappresentavo la forza e talvolta penso che la scomparsa di quella debolezza, che mi elevava, fu sentita da me come una diminuzione. La morte del padre appare al protagonista un momento decisivo della sua vita e un passaggio a una nuova età e a nuove responsabilità: La morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Un’altra sua debolezza gli dava dell’importanza: quando levava gli occhiali (e lo faceva sempre quando voleva meditare) i suoi occhi accecati guardavano accanto o al disopra del suo interlocutore e avevano il curioso aspetto degli occhi privi di colore di una statua, minacciosi o, forse, ironici. In quanto al mio disprezzo per le cose serie, io credo ch’egli avesse il difetto di considerare come serie troppe cose di questo mondo. Guardò intorno a sè come se avesse cercato di fuori quello che nel suo interno non arrivava ad afferrare. Il padre, ormai agonizzante, riesce ad alzarsi e a schiaffeggiare il figlio: Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch’egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Immaginavo che mio padre mi sentisse e potessi dirgli che la colpa non era stata mia, ma del dottore. Carlo m’aveva chiamato per farmi assistere ad un istante di chiara coscienza nell’ammalato: — Sono dunque gravemente ammalato? Cercai di essere esatto, ciò che non fu facile dato lo stato in cui mi trovavo. Il successo cui anelavo doveva bensì essere anche il mio vanto verso di lui, che di me aveva sempre dubitato, ma anche la sua consolazione. Mio padre sapeva difendere la sua quiete da vero pater familias. Anch’io! Era da tempo depresso, aveva fisso il pensiero della morte, ripeteva la mia vita è finita, mi spengo come una candela, desiderava morire. Poi seguirono delle lunghe ore d’attesa. Andai dal dottor Canestrini a farmi esaminare per averne un certificato. Già quello che ho registrato in questi fascicoli prova che in me c’è e c’è sempre stato — forse la mia massima sventura — un impetuoso conato al meglio. ../Il fumo — disse — Non so dirti nulla, proprio nulla. — L’accarezzava. Egli, invece, aveva saputo eliminare dal suo ricordo ogni idea di quella spaventosa macchina. Io invece battevo il pugno su un libro di medicina ed urlavo: «Le mignatte! [p. 43 modifica]. Poi si rivolse a me: Mi abbandonò per un istante, ma ritornò subito a me: Il dottore incoraggiato da tanta mitezza mi esortò a dirgli che si sforzasse di restare più a lungo nel letto. Ma mio padre non volle, dichiarando che odiava i medici quanto i becchini, e non prese neppure la medicina prescrittagli perchè anch’essa gli ricordava medici e becchini. Egli, quale medico, avrebbe potuto dirmi qualche cosa sulle capacità di risolvere e agire di un moribondo. Oggi che scrivo, dopo di aver avvicinata l’età raggiunta da mio padre, so con certezza che un uomo può avere il sentimento di una propria altissima intelligenza che non dia altro segno di sè fuori di quel suo forte sentimento. Niente movimento perchè l’esperienza diceva che quanto si moveva finiva coll’arrestarsi. Non c’era da discutere. [p. 58 modifica]Mi domandò di raccontargli esattamente quello ch’era avvenuto dal primo allarme fino al suo arrivo. Ed è stato punito con un'aggressione brutale, violenta che lo ha portato alla morte. [p. 42 modifica]. A questa si accedeva per una breve strada carrozzabile. Egli, oggi, vive ancora, decrepito e circondato dalla stima di tutta la città. Sono in complesso cose recenti e per ricordare il mio enorme dolore e ogni particolare della sventura non ho certo bisogno di sognare come vogliono i signori dell’analisi. Era un uomo magro e nervoso, la faccia insignificante rilevata dalla calvizie che gli simulava una fronte altissima. La scena finale della "morte del padre" rientra perfettamente in questa casistica, e indica ancor meglio l'inaffidabilità di Zeno quale narratore, e la finzione che sta dietro il suo rimorso e il suo senso di colpa. Vanno così le locomotive che trascinano dei pesi enormi: emettono degli sbuffi regolari che poi s’accelerano e finiscono in una sosta, anche quella una sosta minacciosa perchè chi ascolta può temere di veder finire la macchina e il suo traino a precipizio a valle. Con fervore baciai mio padre sulla fronte e nel pensiero gli augurai: — Oh, dormi! Mi raccomandò d’indurre l’ammalato di restar coricato più a lungo che fosse possibile perchè la posizione orizzontale era la migliore per la circolazione. Che fosse malato? Andammo al letto dell’ammalato. Invia tramite email. È un caso gravissimo. Adesso che invecchio e m’avvicino al tipo del patriarca, anch’io sento che un’immoralità predicata è più punibile di un’azione immorale. Non era quella la coscienza ch’io avevo tanto temuto. io ho perso mio padre 5 mesi fa all'improvviso (arresto cardiaco durante la notte) e a dire la verità quando mio marito mi parla di progetti per il futuro spesso io penso a tutt'altro. La morte aveva già irrigidito quel corpo che giaceva superbo e minaccioso. Vedo dentro nelle cose, e anche vedo quello ch’è giusto e vero e anche quello che non lo è. Mi ha insegnato, mi ha aiutato, mi ha ispirato… Poi c’è Francesca, la mia ragazza. Piangevo perchè perdevo il padre per cui ero sempre vissuto. Il protagonista domanda al dottore se non si può farlo morire in pace e privo di coscienza, ma l’uomo a quella richiesta si infuria, ampliando il senso di colpa di Zeno: Io odio quell’uomo perché egli allora s’arrabbiò con me. La stanza di mio padre, non grande, era ammobiliata un po’ troppo. A mia volta, subito spaventato dal suo grido, rallentai la pressione della mia mano. — Fra un paio d’ore probabilmente ricupererà la coscienza almeno in parte, — disse. Ogni qualvolta entravo in quella stanza ero pronto per discutere ed annebbiare quella coscienza che il Coprosich aspettava. La sua respirazione era sempre affannosa, ma non sembrava ch’egli ne soffrisse assorto com’era a guardare in alto. Feci un bel fiasco. Cercò una pronta risposta e aperse la bocca per darla. Ci può invece toccare di peggio: potrebbe cioè impazzire. — Egli lo sapeva e perciò Coprosich l'avrebbe risaputo. Nel quarto capitolo della Coscienza di Zeno si affronta uno degli episodi più drammatici e amari della sua vita, la morte di suo padre. Io so molte cose e purtroppo non so insegnartele tutte come vorrei. Piangevo oramai anche perchè compassionavo me stesso per dover star a sentire tali cose in simile momento. Devo dirlo: io mi dimostrai un buon ragazzo; rinunziai a fare un’obiezione qualunque pur di strapparlo a quel pensiero che lo faceva soffrire. Invece la morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Maria sosteneva mio padre che giaceva supino, ma con una parte del busto sporgente dal letto. Come avrei fatto a fargli sapere che l’amavo tanto? Segue poi il lungo racconto sulla malattia e la morte dell’uomo. Ansava leggermente. Ci volle la malattia per legarmi a lui; la malattia che fu subito la morte, perchè brevessima e perchè il medico lo diede subito per spacciato. In quanto concerne le donne, dai parenti appresi che mia madre aveva avuto qualche motivo di gelosia. WhatsApp. Ricordò di averci visti alcuni mesi prima ed espresse meraviglia perchè non fossimo più ritornati da lui. Ti senti male? M’interuppe con disgusto un giorno che gli parlai degli antipodi. Magari l’avessi assistito meglio e pianto meno! Ci si avviava a un conflitto. Allorchè essa aveva insistito perchè egli intanto mangiasse, era stata mandata via con modi poco gentili. Niente di male: ero caduto nelle mani di un dotto amico che aveva voluto confidarmi certe sue idee sulle origini del Cristianesimo. Purtroppo debbo confessare che al letto di morte di mio padre io albergai nell’animo un grande rancore che stranamente s’avvinse al mio dolore e lo falsificò. Il medico lo guardò e, rassegnato, mormorò: — Si vede che un mutamento di posizione gli dà un po’ di sollievo. Durante la notte che seguì, ebbi per l'ultima volta il terrore di veder risorgere quella coscienza ch'io tanto [p. 69 modifica]temevo. Poi, ancora come un bambino, aggiunsi la promessa di non farlo più: Dovettero allontanarmi a viva forza da quella stanza. Christian De Sica/ “La morte di mio padre Vittorio è stata una bella botta”. Nell’incapacità al commercio v’era una somiglianza fra di noi, ma non ve ne erano altre; posso dire che, fra noi due, io rappresentavo la forza e lui la debolezza. Esplora: giovanni minoli; Condividi: Sullo stesso argomento: Ma, invece di rimproverarmi, egli si scusò d’essere stato caparbio. Feci delle poesie per onorarla ciò che mai equivale a piangere e, nel dolore, fui sempre accompagnato dal sentimento che da quel momento doveva iniziarsi per me una vita seria e di lavoro. Il dolore stesso accennava ad una vita più intensa. Fui tanto mite allora, che quando sono torturato dal rimorso di non averlo amato abbastanza prima che morisse, rievoco sempre quella scena. Tenendo in vita suo padre io ho lasciata aperta la via a tutte le possibilità. Italo Svevo Parlò subito dell’acqua buona che l’aspettava alla prossima fontana. Costui m’ispirò fiducia e mi dispiacque solo per certa sua coscienziosità esagerata. Subito mio padre tentò di ribaltarsi verso la sponda del letto per sottrarsi alla mia pressione e levarsi. Celai il capo sul guanciale stesso di mio padre e piansi disperatamente emettendo i singulti che poco prima avevo rimproverati a Maria. E’ ciò ch’io non seppi mai perdonargli. Egli s’agitò tanto che dimenticò d’inforcare gli occhiali e tuttavia scoperse esattamente il punto ove si trovava la mia testa per fissarla con i suoi occhi terribili. — Curioso! Io, per stornarlo dal suo incubo, vinsi subito la sorpresa che mi produsse la sua comunicazione e gli dissi: — Io non avrò mai questo disturbo perchè spero che prima di me muoiano tutti i miei eredi! Andammo alla mia stanza ove egli si lavò anche la faccia. E' la denuncia di Fiammetta Borsellino nello speciale Mafia di Mentana su La7. Maria era ora seduta accanto al letto assieme all’infermiere. Arrivò a riempire la bocca di una sola fumata che subito soffiò via affannato. Io singhiozzai ancora, temendo che subito guardassero e vedessero tutto. [p. 57 modifica]. — mi disse bonariamente. Il mio desiderio di salute m’aveva spinto a studiare il corpo umano. Poteva esserci un’azione più malvagia di quella di richiamare in sè un ammalato, senz’avere la minima speranza di salvarlo e solo per esporlo alla disperazione, o al rischio di dover sopportare — con quell’affanno! Mi si avvicinò con gli occhiali in mano guardando il pavimento e, con un sospiro, mi disse: [p. 59 modifica]. Era la prima volta che si voleva da me ch’io pensassi a quelle origini, eppure m’adattai alla lunga lezione per compiacere l’amico. Credo che allora nel mio animo mancasse l’affetto che fa intendere tante cose. Io credo che nei suoi panni io avrei finito col confessare, ma che poi non avrei saputo abbandonare la sarta, visto ch’io metto le radici dove mi soffermo. ../La storia del mio matrimonio All’Università tutti lo conoscevano col nomignolo ch’io gli diedi di vecchio Silva manda denari. Poi stette a guardarmi come mangiavo, mentre lui, dopo un paio di cucchiaiate scarse, non prese altro cibo e allontanò anche da sè il piatto che gli ripugnava. Allora il dottore avrà avuto poco più di quarant’anni. Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, — a me sembra, — troppo presto. Anch’io! Il vento che soffiava ancora a raffiche, mi parve meno violento, benchè sollevasse tuttavia la neve ghiacciata. Così gli fu facile di raccontarmi il bel tiro che m’aveva fatto mettendomi sotto la tutela dell’Olivi. Sì: era tutt’altra cosa! [p. 60 modifica]. Scrivendo, anzi incidendo sulla carta tali dolorosi ricordi, scopro che l’immagine che m’ossessionò al primo mio tentativo di vedere nel mio passato, quella locomotiva che trascina una sequela di vagoni su per un’erta, io l’ebbi per la prima volta ascoltando da quel sofà il respiro di mio padre. L’infermiere disse qualche cosa al medico che [p. 63 modifica]annuì. Ne fece raccomandazione anche a mio padre stesso il quale intese e, con aspetto intelligentissimo, promise, restando però in piedi in mezzo della stanza e ritornando subito alla sua distrazione o meglio a quello ch'io dicevo la meditazione sul suo affanno. Il pianto offusca le proprie colpe e permette di accusare, senz’obbiezioni, il destino. Fumava il giorno intero e, dopo la morte di mamma, quando non dormiva, anche di notte. //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=- — Abbiate coraggio! La cosa più brutta che ho imparato con la morte di mio padre è che si sopravvive a tutto, la cosa più bella anche (eronelcassetto, Twitter) È tutto così difficile. Fu Maria che per prima parlò del medico e andò poi a destare il contadino per mandarlo in città. Nessuno lo crederebbe, ma, ad onta di quella forma, quell’annotazione registra l’avvenimento più importante della mia vita. Anch’io! Non me la perdonò mai e perciò mai ne rise. Egli mi rimproverava due altre cose: la mia distrazione e la mia tendenza a ridere delle cose più serie. In questa lettera da dedicare a un padre morto il figlio o la figlia si rivolgono al proprio papà ricordando i bei tempi vissuti assieme e tristi per la sua scomparsa. Gli attribuiva una difficoltà di parola e il respiro mozzo. Per la morte di mia madre e la salutare emozione ch’essa m’aveva procurata, tutto da me doveva migliorarsi. Prima — essa assicurava — egli s’era agitato di più, mentre ora le pareva relativamente tranquillo, ma non si sarebbe rischiata di lasciarlo solo. Per un breve istante, terrorizzato, egli obbedì. Erano degli occhi spiacevoli allora. [p. 46 modifica]Maria, la nostra cameriera, m’aspettava alla finestra e sentendomi avvicinare gridò nell’oscurità: Maria era una di quelle fantesche come non se ne trovano più. Egli era morto ed io non potevo più provargli la mia innocenza! Poi con grande fatica e con l’aiuto dell’infermiere si coricava sul letto adagiandovisi prima per un attimo sul fianco sinistro eppoi subito sul fianco destro su cui sapeva resistere per qualche minuto. Sarei stato meno malato. Stavamo insieme a scuola, mi accompagna con amore e senza paura. S’era così concessa una sosta per riflettere tranquillamente. — Papà — dichiarai io commosso — ti sentirò volentieri. — rispose seccamente. Fu come un sogno delizioso: eravamo oramai perfettamente d’accordo, io divenuto il piú debole e lui il piú forte. Benchè l’affanno fosse sempre fortissimo, egli diceva di tempo in tempo qualche breve parola assennata. La giustificazione a posteriori del proprio comportamento, tipica del resoconto memoriale che Zeno consegna al dottor S., è così duplice indizio sia della insincerità del protagonista (che non a caso altera alcuni dati del rapporto con la figura opprimente del padre) che della sua incapacità di adeguarsi alla morale vigente, cosa che lo cotringe, di fatto, a simulare una commozione che non prova. Era vero. Con questa ricca e bella chioma. Suonò il campanello e nello stesso tempo chiamò [p. 50 modifica]Maria con la voce. Lo trovammo che dormiva adagiato sul fianco destro. Invece dovevo ora lottare per fargli ingoiare la medicina ed ora per impedirgli di uscire dalla stanza. Poi soggiunse: — Adesso penserò alle parole che ti dirò domani. «Mio padre si è contagiato in quella struttura ed è morto. Pare che il mio sogno si sia fatto rumoroso perchè mia moglie l’interruppe destandomi. Se muore un genitore senza testamento ... - La Legge per Tutti Zeno non è mai riuscito ad avere un saldo rapporto affettivo con il genitore, soprattutto dopo la morte della madre. Rabbia Tra Sorelle,
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Italo Svevo, Indice:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu, //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=-, 20160721051818, //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=-, La coscienza di Zeno - La morte di mio padre, Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu, Ultima modifica il 21 lug 2016 alle 05:18, https://it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=1766659, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. — Sì, sì, — promise mio padre e in quello stesso istante si levò e andò alla poltrona. La vicenda inizia “una sera di fine Marzo”, quando Zeno si reca a cena dal padre e viene avvicinato da una cameriera che lo informa che il genitore ha il respiro affannoso e balbetta. Accompagnai il dottore in giardino. Tuttavia non si levò dalla sedia. Poi mi fermo, ti piango, e ritrovo la forza papà. Per lui il cuore non pulsava e non v’era bisogno di ricordare valvole e vene e ricambio per spiegare come il suo organismo viveva. Si oppose alla proposta di Maria di far prendere all’ammalato un cucchiaino di brodo ch’essa credeva un buon farmaco. Invece la notte scorsa, dopo di aver passata parte della giornata di ieri a raccogliere questi miei ricordi, [p. 65 modifica]ebbi un sogno vivissimo che mi riportò con un salto enorme, attraverso il tempo, a quei giorni. Debbo dire ch’essendo sempre sola con lui, essa spesso s’era fitto in testa il pensiero ch’egli fosse malato. Mio padre non conosceva nulla di tutto ciò. Cosa da pazzi. Mi coricai e m’addormentai subito, con completa, gradevole perdita della coscienza e — ne son sicuro — non interrotta, da alcun barlume di sogno. — Dottore! Poteva questa lietezza essere anche il segno di un buon appetito: io mi tranquillai e mi misi a mangiare. Mezz’ora in più di respiro poteva decidere del destino di un patrimonio. Ricordo che quando parlò, il suo respiro mozzava e ritardava la sua parola. Ma il senso di colpa viene placato al funerale, quando il protagonista si convince che lo schiaffo non era voluto e che lui era innocente. — mi disse con un aspetto severo di ammonizione. Ora voglio la verità. Insomma io, accanto a lui, rappresentavo la forza e talvolta penso che la scomparsa di quella debolezza, che mi elevava, fu sentita da me come una diminuzione. La morte del padre appare al protagonista un momento decisivo della sua vita e un passaggio a una nuova età e a nuove responsabilità: La morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Un’altra sua debolezza gli dava dell’importanza: quando levava gli occhiali (e lo faceva sempre quando voleva meditare) i suoi occhi accecati guardavano accanto o al disopra del suo interlocutore e avevano il curioso aspetto degli occhi privi di colore di una statua, minacciosi o, forse, ironici. In quanto al mio disprezzo per le cose serie, io credo ch’egli avesse il difetto di considerare come serie troppe cose di questo mondo. Guardò intorno a sè come se avesse cercato di fuori quello che nel suo interno non arrivava ad afferrare. Il padre, ormai agonizzante, riesce ad alzarsi e a schiaffeggiare il figlio: Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch’egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Immaginavo che mio padre mi sentisse e potessi dirgli che la colpa non era stata mia, ma del dottore. Carlo m’aveva chiamato per farmi assistere ad un istante di chiara coscienza nell’ammalato: — Sono dunque gravemente ammalato? Cercai di essere esatto, ciò che non fu facile dato lo stato in cui mi trovavo. Il successo cui anelavo doveva bensì essere anche il mio vanto verso di lui, che di me aveva sempre dubitato, ma anche la sua consolazione. Mio padre sapeva difendere la sua quiete da vero pater familias. Anch’io! Era da tempo depresso, aveva fisso il pensiero della morte, ripeteva la mia vita è finita, mi spengo come una candela, desiderava morire. Poi seguirono delle lunghe ore d’attesa. Andai dal dottor Canestrini a farmi esaminare per averne un certificato. Già quello che ho registrato in questi fascicoli prova che in me c’è e c’è sempre stato — forse la mia massima sventura — un impetuoso conato al meglio. ../Il fumo — disse — Non so dirti nulla, proprio nulla. — L’accarezzava. Egli, invece, aveva saputo eliminare dal suo ricordo ogni idea di quella spaventosa macchina. Io invece battevo il pugno su un libro di medicina ed urlavo: «Le mignatte! [p. 43 modifica]. Poi si rivolse a me: Mi abbandonò per un istante, ma ritornò subito a me: Il dottore incoraggiato da tanta mitezza mi esortò a dirgli che si sforzasse di restare più a lungo nel letto. Ma mio padre non volle, dichiarando che odiava i medici quanto i becchini, e non prese neppure la medicina prescrittagli perchè anch’essa gli ricordava medici e becchini. Egli, quale medico, avrebbe potuto dirmi qualche cosa sulle capacità di risolvere e agire di un moribondo. Oggi che scrivo, dopo di aver avvicinata l’età raggiunta da mio padre, so con certezza che un uomo può avere il sentimento di una propria altissima intelligenza che non dia altro segno di sè fuori di quel suo forte sentimento. Niente movimento perchè l’esperienza diceva che quanto si moveva finiva coll’arrestarsi. Non c’era da discutere. [p. 58 modifica]Mi domandò di raccontargli esattamente quello ch’era avvenuto dal primo allarme fino al suo arrivo. Ed è stato punito con un'aggressione brutale, violenta che lo ha portato alla morte. [p. 42 modifica]. A questa si accedeva per una breve strada carrozzabile. Egli, oggi, vive ancora, decrepito e circondato dalla stima di tutta la città. Sono in complesso cose recenti e per ricordare il mio enorme dolore e ogni particolare della sventura non ho certo bisogno di sognare come vogliono i signori dell’analisi. Era un uomo magro e nervoso, la faccia insignificante rilevata dalla calvizie che gli simulava una fronte altissima. La scena finale della "morte del padre" rientra perfettamente in questa casistica, e indica ancor meglio l'inaffidabilità di Zeno quale narratore, e la finzione che sta dietro il suo rimorso e il suo senso di colpa. Vanno così le locomotive che trascinano dei pesi enormi: emettono degli sbuffi regolari che poi s’accelerano e finiscono in una sosta, anche quella una sosta minacciosa perchè chi ascolta può temere di veder finire la macchina e il suo traino a precipizio a valle. Con fervore baciai mio padre sulla fronte e nel pensiero gli augurai: — Oh, dormi! Mi raccomandò d’indurre l’ammalato di restar coricato più a lungo che fosse possibile perchè la posizione orizzontale era la migliore per la circolazione. Che fosse malato? Andammo al letto dell’ammalato. Invia tramite email. È un caso gravissimo. Adesso che invecchio e m’avvicino al tipo del patriarca, anch’io sento che un’immoralità predicata è più punibile di un’azione immorale. Non era quella la coscienza ch’io avevo tanto temuto. io ho perso mio padre 5 mesi fa all'improvviso (arresto cardiaco durante la notte) e a dire la verità quando mio marito mi parla di progetti per il futuro spesso io penso a tutt'altro. La morte aveva già irrigidito quel corpo che giaceva superbo e minaccioso. Vedo dentro nelle cose, e anche vedo quello ch’è giusto e vero e anche quello che non lo è. Mi ha insegnato, mi ha aiutato, mi ha ispirato… Poi c’è Francesca, la mia ragazza. Piangevo perchè perdevo il padre per cui ero sempre vissuto. Il protagonista domanda al dottore se non si può farlo morire in pace e privo di coscienza, ma l’uomo a quella richiesta si infuria, ampliando il senso di colpa di Zeno: Io odio quell’uomo perché egli allora s’arrabbiò con me. La stanza di mio padre, non grande, era ammobiliata un po’ troppo. A mia volta, subito spaventato dal suo grido, rallentai la pressione della mia mano. — Fra un paio d’ore probabilmente ricupererà la coscienza almeno in parte, — disse. Ogni qualvolta entravo in quella stanza ero pronto per discutere ed annebbiare quella coscienza che il Coprosich aspettava. La sua respirazione era sempre affannosa, ma non sembrava ch’egli ne soffrisse assorto com’era a guardare in alto. Feci un bel fiasco. Cercò una pronta risposta e aperse la bocca per darla. Ci può invece toccare di peggio: potrebbe cioè impazzire. — Egli lo sapeva e perciò Coprosich l'avrebbe risaputo. Nel quarto capitolo della Coscienza di Zeno si affronta uno degli episodi più drammatici e amari della sua vita, la morte di suo padre. Io so molte cose e purtroppo non so insegnartele tutte come vorrei. Piangevo oramai anche perchè compassionavo me stesso per dover star a sentire tali cose in simile momento. Devo dirlo: io mi dimostrai un buon ragazzo; rinunziai a fare un’obiezione qualunque pur di strapparlo a quel pensiero che lo faceva soffrire. Invece la morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Maria sosteneva mio padre che giaceva supino, ma con una parte del busto sporgente dal letto. Come avrei fatto a fargli sapere che l’amavo tanto? Segue poi il lungo racconto sulla malattia e la morte dell’uomo. Ansava leggermente. Ci volle la malattia per legarmi a lui; la malattia che fu subito la morte, perchè brevessima e perchè il medico lo diede subito per spacciato. In quanto concerne le donne, dai parenti appresi che mia madre aveva avuto qualche motivo di gelosia. WhatsApp. Ricordò di averci visti alcuni mesi prima ed espresse meraviglia perchè non fossimo più ritornati da lui. Ti senti male? M’interuppe con disgusto un giorno che gli parlai degli antipodi. Magari l’avessi assistito meglio e pianto meno! Ci si avviava a un conflitto. Allorchè essa aveva insistito perchè egli intanto mangiasse, era stata mandata via con modi poco gentili. Niente di male: ero caduto nelle mani di un dotto amico che aveva voluto confidarmi certe sue idee sulle origini del Cristianesimo. Purtroppo debbo confessare che al letto di morte di mio padre io albergai nell’animo un grande rancore che stranamente s’avvinse al mio dolore e lo falsificò. Il medico lo guardò e, rassegnato, mormorò: — Si vede che un mutamento di posizione gli dà un po’ di sollievo. Durante la notte che seguì, ebbi per l'ultima volta il terrore di veder risorgere quella coscienza ch'io tanto [p. 69 modifica]temevo. Poi, ancora come un bambino, aggiunsi la promessa di non farlo più: Dovettero allontanarmi a viva forza da quella stanza. Christian De Sica/ “La morte di mio padre Vittorio è stata una bella botta”. Nell’incapacità al commercio v’era una somiglianza fra di noi, ma non ve ne erano altre; posso dire che, fra noi due, io rappresentavo la forza e lui la debolezza. Esplora: giovanni minoli; Condividi: Sullo stesso argomento: Ma, invece di rimproverarmi, egli si scusò d’essere stato caparbio. Feci delle poesie per onorarla ciò che mai equivale a piangere e, nel dolore, fui sempre accompagnato dal sentimento che da quel momento doveva iniziarsi per me una vita seria e di lavoro. Il dolore stesso accennava ad una vita più intensa. Fui tanto mite allora, che quando sono torturato dal rimorso di non averlo amato abbastanza prima che morisse, rievoco sempre quella scena. Tenendo in vita suo padre io ho lasciata aperta la via a tutte le possibilità. Italo Svevo Parlò subito dell’acqua buona che l’aspettava alla prossima fontana. Costui m’ispirò fiducia e mi dispiacque solo per certa sua coscienziosità esagerata. Subito mio padre tentò di ribaltarsi verso la sponda del letto per sottrarsi alla mia pressione e levarsi. Celai il capo sul guanciale stesso di mio padre e piansi disperatamente emettendo i singulti che poco prima avevo rimproverati a Maria. E’ ciò ch’io non seppi mai perdonargli. Egli s’agitò tanto che dimenticò d’inforcare gli occhiali e tuttavia scoperse esattamente il punto ove si trovava la mia testa per fissarla con i suoi occhi terribili. — Curioso! Io, per stornarlo dal suo incubo, vinsi subito la sorpresa che mi produsse la sua comunicazione e gli dissi: — Io non avrò mai questo disturbo perchè spero che prima di me muoiano tutti i miei eredi! Andammo alla mia stanza ove egli si lavò anche la faccia. E' la denuncia di Fiammetta Borsellino nello speciale Mafia di Mentana su La7. Maria era ora seduta accanto al letto assieme all’infermiere. Arrivò a riempire la bocca di una sola fumata che subito soffiò via affannato. Io singhiozzai ancora, temendo che subito guardassero e vedessero tutto. [p. 57 modifica]. — mi disse bonariamente. Il mio desiderio di salute m’aveva spinto a studiare il corpo umano. Poteva esserci un’azione più malvagia di quella di richiamare in sè un ammalato, senz’avere la minima speranza di salvarlo e solo per esporlo alla disperazione, o al rischio di dover sopportare — con quell’affanno! Mi si avvicinò con gli occhiali in mano guardando il pavimento e, con un sospiro, mi disse: [p. 59 modifica]. Era la prima volta che si voleva da me ch’io pensassi a quelle origini, eppure m’adattai alla lunga lezione per compiacere l’amico. Credo che allora nel mio animo mancasse l’affetto che fa intendere tante cose. Io credo che nei suoi panni io avrei finito col confessare, ma che poi non avrei saputo abbandonare la sarta, visto ch’io metto le radici dove mi soffermo. ../La storia del mio matrimonio All’Università tutti lo conoscevano col nomignolo ch’io gli diedi di vecchio Silva manda denari. Poi stette a guardarmi come mangiavo, mentre lui, dopo un paio di cucchiaiate scarse, non prese altro cibo e allontanò anche da sè il piatto che gli ripugnava. Allora il dottore avrà avuto poco più di quarant’anni. Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, — a me sembra, — troppo presto. Anch’io! Il vento che soffiava ancora a raffiche, mi parve meno violento, benchè sollevasse tuttavia la neve ghiacciata. Così gli fu facile di raccontarmi il bel tiro che m’aveva fatto mettendomi sotto la tutela dell’Olivi. Sì: era tutt’altra cosa! [p. 60 modifica]. Scrivendo, anzi incidendo sulla carta tali dolorosi ricordi, scopro che l’immagine che m’ossessionò al primo mio tentativo di vedere nel mio passato, quella locomotiva che trascina una sequela di vagoni su per un’erta, io l’ebbi per la prima volta ascoltando da quel sofà il respiro di mio padre. L’infermiere disse qualche cosa al medico che [p. 63 modifica]annuì. Ne fece raccomandazione anche a mio padre stesso il quale intese e, con aspetto intelligentissimo, promise, restando però in piedi in mezzo della stanza e ritornando subito alla sua distrazione o meglio a quello ch'io dicevo la meditazione sul suo affanno. Il pianto offusca le proprie colpe e permette di accusare, senz’obbiezioni, il destino. Fumava il giorno intero e, dopo la morte di mamma, quando non dormiva, anche di notte. //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=- — Abbiate coraggio! La cosa più brutta che ho imparato con la morte di mio padre è che si sopravvive a tutto, la cosa più bella anche (eronelcassetto, Twitter) È tutto così difficile. Fu Maria che per prima parlò del medico e andò poi a destare il contadino per mandarlo in città. Nessuno lo crederebbe, ma, ad onta di quella forma, quell’annotazione registra l’avvenimento più importante della mia vita. Anch’io! Non me la perdonò mai e perciò mai ne rise. Egli mi rimproverava due altre cose: la mia distrazione e la mia tendenza a ridere delle cose più serie. In questa lettera da dedicare a un padre morto il figlio o la figlia si rivolgono al proprio papà ricordando i bei tempi vissuti assieme e tristi per la sua scomparsa. Gli attribuiva una difficoltà di parola e il respiro mozzo. Per la morte di mia madre e la salutare emozione ch’essa m’aveva procurata, tutto da me doveva migliorarsi. Prima — essa assicurava — egli s’era agitato di più, mentre ora le pareva relativamente tranquillo, ma non si sarebbe rischiata di lasciarlo solo. Per un breve istante, terrorizzato, egli obbedì. Erano degli occhi spiacevoli allora. [p. 46 modifica]Maria, la nostra cameriera, m’aspettava alla finestra e sentendomi avvicinare gridò nell’oscurità: Maria era una di quelle fantesche come non se ne trovano più. Egli era morto ed io non potevo più provargli la mia innocenza! Poi con grande fatica e con l’aiuto dell’infermiere si coricava sul letto adagiandovisi prima per un attimo sul fianco sinistro eppoi subito sul fianco destro su cui sapeva resistere per qualche minuto. Sarei stato meno malato. Stavamo insieme a scuola, mi accompagna con amore e senza paura. S’era così concessa una sosta per riflettere tranquillamente. — Papà — dichiarai io commosso — ti sentirò volentieri. — rispose seccamente. Fu come un sogno delizioso: eravamo oramai perfettamente d’accordo, io divenuto il piú debole e lui il piú forte. Benchè l’affanno fosse sempre fortissimo, egli diceva di tempo in tempo qualche breve parola assennata. La giustificazione a posteriori del proprio comportamento, tipica del resoconto memoriale che Zeno consegna al dottor S., è così duplice indizio sia della insincerità del protagonista (che non a caso altera alcuni dati del rapporto con la figura opprimente del padre) che della sua incapacità di adeguarsi alla morale vigente, cosa che lo cotringe, di fatto, a simulare una commozione che non prova. Era vero. Con questa ricca e bella chioma. Suonò il campanello e nello stesso tempo chiamò [p. 50 modifica]Maria con la voce. Lo trovammo che dormiva adagiato sul fianco destro. Invece dovevo ora lottare per fargli ingoiare la medicina ed ora per impedirgli di uscire dalla stanza. Poi soggiunse: — Adesso penserò alle parole che ti dirò domani. «Mio padre si è contagiato in quella struttura ed è morto. Pare che il mio sogno si sia fatto rumoroso perchè mia moglie l’interruppe destandomi. Se muore un genitore senza testamento ... - La Legge per Tutti Zeno non è mai riuscito ad avere un saldo rapporto affettivo con il genitore, soprattutto dopo la morte della madre. Rabbia Tra Sorelle,
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la morte di mio padre
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Non ricordai che a questo mondo c’erano i medici e che si supponeva che talvolta portassero la salvezza. Ma io credo che quella fiducia che rendeva tanto dolce la vita, sarebbe continuata magari fino ad oggi, se mio padre non fosse morto. Ne avevo poi anche con me stesso che non sapevo riprendere la discussione col dottore per dirgli chiaramente ch’io non davo un fico secco per la sua scienza e che auguravo a mio padre la morte pur di risparmiargli il dolore. Aveva dovuto venir a piedi perchè, a causa del violento uragano, non aveva trovata una vettura. Ed ora invece egli non poteva più aspettarmi e se ne andava convinto della mia insanabile debolezza. — disse con gioia e uscì seguito da Maria. Muore mio padre. La sua testa poggiava sul petto fedele di Maria. Le donne sono più forti di noi”. Il mio dolore di figlia e nipote è diventata ombra e compagna di vita. Se aveva da dire anche una sola parola rimetteva sul naso gli occhiali ed ecco che i suoi occhi ridivenivano quelli di un buon borghese qualunque che esamina accuratamente le cose di cui parla. Più spaventato che mai, lo supplicai di non applicargli le mignatte. Prima ero meno stanco e avrei saputo dirti molte cose. Mi parve guardasse le Pleiadi. Vedremo poi di che si tratti». Il protagonista accorre nella stanza dell’uomo, trovandolo sofferente e impotente. Il mio contegno virile sparve subito. Mio padre era in mezzo alla stanza in piedi, vestito della sola biancheria, con in testa il suo berretto da notte di seta rossa. Diceva proprio così: «Le mignatte lo richiamerebbero alla vita e al dolore e non bisogna applicargliele!». Debbo dire qui, che sono sicuro che non è per quelle parole che io odio il dottor Coprosich. E quando arrivai a parlare di quella che a me era apparsa quale una «respirazione cerebrale» egli si mise gli occhiali per dirmi: «Adagio con le definizioni. Egli s’agitò tanto che dimenticò d’inforcare gli occhiali e tuttavia scoperse esattamente il punto ove si trovava la mia testa per fissarla con i suoi occhi terribili. Il contenuto è disponibile in base alla licenza, La coscienza di Zeno , Italo Svevo, Indice:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu, //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=-, 20160721051818, //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=-, La coscienza di Zeno - La morte di mio padre, Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu, Ultima modifica il 21 lug 2016 alle 05:18, https://it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=1766659, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. — Sì, sì, — promise mio padre e in quello stesso istante si levò e andò alla poltrona. La vicenda inizia “una sera di fine Marzo”, quando Zeno si reca a cena dal padre e viene avvicinato da una cameriera che lo informa che il genitore ha il respiro affannoso e balbetta. Accompagnai il dottore in giardino. Tuttavia non si levò dalla sedia. Poi mi fermo, ti piango, e ritrovo la forza papà. Per lui il cuore non pulsava e non v’era bisogno di ricordare valvole e vene e ricambio per spiegare come il suo organismo viveva. Si oppose alla proposta di Maria di far prendere all’ammalato un cucchiaino di brodo ch’essa credeva un buon farmaco. Invece la notte scorsa, dopo di aver passata parte della giornata di ieri a raccogliere questi miei ricordi, [p. 65 modifica]ebbi un sogno vivissimo che mi riportò con un salto enorme, attraverso il tempo, a quei giorni. Debbo dire ch’essendo sempre sola con lui, essa spesso s’era fitto in testa il pensiero ch’egli fosse malato. Mio padre non conosceva nulla di tutto ciò. Cosa da pazzi. Mi coricai e m’addormentai subito, con completa, gradevole perdita della coscienza e — ne son sicuro — non interrotta, da alcun barlume di sogno. — Dottore! Poteva questa lietezza essere anche il segno di un buon appetito: io mi tranquillai e mi misi a mangiare. Mezz’ora in più di respiro poteva decidere del destino di un patrimonio. Ricordo che quando parlò, il suo respiro mozzava e ritardava la sua parola. Ma il senso di colpa viene placato al funerale, quando il protagonista si convince che lo schiaffo non era voluto e che lui era innocente. — mi disse con un aspetto severo di ammonizione. Ora voglio la verità. Insomma io, accanto a lui, rappresentavo la forza e talvolta penso che la scomparsa di quella debolezza, che mi elevava, fu sentita da me come una diminuzione. La morte del padre appare al protagonista un momento decisivo della sua vita e un passaggio a una nuova età e a nuove responsabilità: La morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Un’altra sua debolezza gli dava dell’importanza: quando levava gli occhiali (e lo faceva sempre quando voleva meditare) i suoi occhi accecati guardavano accanto o al disopra del suo interlocutore e avevano il curioso aspetto degli occhi privi di colore di una statua, minacciosi o, forse, ironici. In quanto al mio disprezzo per le cose serie, io credo ch’egli avesse il difetto di considerare come serie troppe cose di questo mondo. Guardò intorno a sè come se avesse cercato di fuori quello che nel suo interno non arrivava ad afferrare. Il padre, ormai agonizzante, riesce ad alzarsi e a schiaffeggiare il figlio: Con uno sforzo supremo arrivò a mettersi in piedi, alzò la mano alto alto, come se avesse saputo ch’egli non poteva comunicarle altra forza che quella del suo peso e la lasciò cadere sulla mia guancia. Immaginavo che mio padre mi sentisse e potessi dirgli che la colpa non era stata mia, ma del dottore. Carlo m’aveva chiamato per farmi assistere ad un istante di chiara coscienza nell’ammalato: — Sono dunque gravemente ammalato? Cercai di essere esatto, ciò che non fu facile dato lo stato in cui mi trovavo. Il successo cui anelavo doveva bensì essere anche il mio vanto verso di lui, che di me aveva sempre dubitato, ma anche la sua consolazione. Mio padre sapeva difendere la sua quiete da vero pater familias. Anch’io! Era da tempo depresso, aveva fisso il pensiero della morte, ripeteva la mia vita è finita, mi spengo come una candela, desiderava morire. Poi seguirono delle lunghe ore d’attesa. Andai dal dottor Canestrini a farmi esaminare per averne un certificato. Già quello che ho registrato in questi fascicoli prova che in me c’è e c’è sempre stato — forse la mia massima sventura — un impetuoso conato al meglio. ../Il fumo — disse — Non so dirti nulla, proprio nulla. — L’accarezzava. Egli, invece, aveva saputo eliminare dal suo ricordo ogni idea di quella spaventosa macchina. Io invece battevo il pugno su un libro di medicina ed urlavo: «Le mignatte! [p. 43 modifica]. Poi si rivolse a me: Mi abbandonò per un istante, ma ritornò subito a me: Il dottore incoraggiato da tanta mitezza mi esortò a dirgli che si sforzasse di restare più a lungo nel letto. Ma mio padre non volle, dichiarando che odiava i medici quanto i becchini, e non prese neppure la medicina prescrittagli perchè anch’essa gli ricordava medici e becchini. Egli, quale medico, avrebbe potuto dirmi qualche cosa sulle capacità di risolvere e agire di un moribondo. Oggi che scrivo, dopo di aver avvicinata l’età raggiunta da mio padre, so con certezza che un uomo può avere il sentimento di una propria altissima intelligenza che non dia altro segno di sè fuori di quel suo forte sentimento. Niente movimento perchè l’esperienza diceva che quanto si moveva finiva coll’arrestarsi. Non c’era da discutere. [p. 58 modifica]Mi domandò di raccontargli esattamente quello ch’era avvenuto dal primo allarme fino al suo arrivo. Ed è stato punito con un'aggressione brutale, violenta che lo ha portato alla morte. [p. 42 modifica]. A questa si accedeva per una breve strada carrozzabile. Egli, oggi, vive ancora, decrepito e circondato dalla stima di tutta la città. Sono in complesso cose recenti e per ricordare il mio enorme dolore e ogni particolare della sventura non ho certo bisogno di sognare come vogliono i signori dell’analisi. Era un uomo magro e nervoso, la faccia insignificante rilevata dalla calvizie che gli simulava una fronte altissima. La scena finale della "morte del padre" rientra perfettamente in questa casistica, e indica ancor meglio l'inaffidabilità di Zeno quale narratore, e la finzione che sta dietro il suo rimorso e il suo senso di colpa. Vanno così le locomotive che trascinano dei pesi enormi: emettono degli sbuffi regolari che poi s’accelerano e finiscono in una sosta, anche quella una sosta minacciosa perchè chi ascolta può temere di veder finire la macchina e il suo traino a precipizio a valle. Con fervore baciai mio padre sulla fronte e nel pensiero gli augurai: — Oh, dormi! Mi raccomandò d’indurre l’ammalato di restar coricato più a lungo che fosse possibile perchè la posizione orizzontale era la migliore per la circolazione. Che fosse malato? Andammo al letto dell’ammalato. Invia tramite email. È un caso gravissimo. Adesso che invecchio e m’avvicino al tipo del patriarca, anch’io sento che un’immoralità predicata è più punibile di un’azione immorale. Non era quella la coscienza ch’io avevo tanto temuto. io ho perso mio padre 5 mesi fa all'improvviso (arresto cardiaco durante la notte) e a dire la verità quando mio marito mi parla di progetti per il futuro spesso io penso a tutt'altro. La morte aveva già irrigidito quel corpo che giaceva superbo e minaccioso. Vedo dentro nelle cose, e anche vedo quello ch’è giusto e vero e anche quello che non lo è. Mi ha insegnato, mi ha aiutato, mi ha ispirato… Poi c’è Francesca, la mia ragazza. Piangevo perchè perdevo il padre per cui ero sempre vissuto. Il protagonista domanda al dottore se non si può farlo morire in pace e privo di coscienza, ma l’uomo a quella richiesta si infuria, ampliando il senso di colpa di Zeno: Io odio quell’uomo perché egli allora s’arrabbiò con me. La stanza di mio padre, non grande, era ammobiliata un po’ troppo. A mia volta, subito spaventato dal suo grido, rallentai la pressione della mia mano. — Fra un paio d’ore probabilmente ricupererà la coscienza almeno in parte, — disse. Ogni qualvolta entravo in quella stanza ero pronto per discutere ed annebbiare quella coscienza che il Coprosich aspettava. La sua respirazione era sempre affannosa, ma non sembrava ch’egli ne soffrisse assorto com’era a guardare in alto. Feci un bel fiasco. Cercò una pronta risposta e aperse la bocca per darla. Ci può invece toccare di peggio: potrebbe cioè impazzire. — Egli lo sapeva e perciò Coprosich l'avrebbe risaputo. Nel quarto capitolo della Coscienza di Zeno si affronta uno degli episodi più drammatici e amari della sua vita, la morte di suo padre. Io so molte cose e purtroppo non so insegnartele tutte come vorrei. Piangevo oramai anche perchè compassionavo me stesso per dover star a sentire tali cose in simile momento. Devo dirlo: io mi dimostrai un buon ragazzo; rinunziai a fare un’obiezione qualunque pur di strapparlo a quel pensiero che lo faceva soffrire. Invece la morte di mio padre fu una vera, grande catastrofe. Maria sosteneva mio padre che giaceva supino, ma con una parte del busto sporgente dal letto. Come avrei fatto a fargli sapere che l’amavo tanto? Segue poi il lungo racconto sulla malattia e la morte dell’uomo. Ansava leggermente. Ci volle la malattia per legarmi a lui; la malattia che fu subito la morte, perchè brevessima e perchè il medico lo diede subito per spacciato. In quanto concerne le donne, dai parenti appresi che mia madre aveva avuto qualche motivo di gelosia. WhatsApp. Ricordò di averci visti alcuni mesi prima ed espresse meraviglia perchè non fossimo più ritornati da lui. Ti senti male? M’interuppe con disgusto un giorno che gli parlai degli antipodi. Magari l’avessi assistito meglio e pianto meno! Ci si avviava a un conflitto. Allorchè essa aveva insistito perchè egli intanto mangiasse, era stata mandata via con modi poco gentili. Niente di male: ero caduto nelle mani di un dotto amico che aveva voluto confidarmi certe sue idee sulle origini del Cristianesimo. Purtroppo debbo confessare che al letto di morte di mio padre io albergai nell’animo un grande rancore che stranamente s’avvinse al mio dolore e lo falsificò. Il medico lo guardò e, rassegnato, mormorò: — Si vede che un mutamento di posizione gli dà un po’ di sollievo. Durante la notte che seguì, ebbi per l'ultima volta il terrore di veder risorgere quella coscienza ch'io tanto [p. 69 modifica]temevo. Poi, ancora come un bambino, aggiunsi la promessa di non farlo più: Dovettero allontanarmi a viva forza da quella stanza. Christian De Sica/ “La morte di mio padre Vittorio è stata una bella botta”. Nell’incapacità al commercio v’era una somiglianza fra di noi, ma non ve ne erano altre; posso dire che, fra noi due, io rappresentavo la forza e lui la debolezza. Esplora: giovanni minoli; Condividi: Sullo stesso argomento: Ma, invece di rimproverarmi, egli si scusò d’essere stato caparbio. Feci delle poesie per onorarla ciò che mai equivale a piangere e, nel dolore, fui sempre accompagnato dal sentimento che da quel momento doveva iniziarsi per me una vita seria e di lavoro. Il dolore stesso accennava ad una vita più intensa. Fui tanto mite allora, che quando sono torturato dal rimorso di non averlo amato abbastanza prima che morisse, rievoco sempre quella scena. Tenendo in vita suo padre io ho lasciata aperta la via a tutte le possibilità. Italo Svevo Parlò subito dell’acqua buona che l’aspettava alla prossima fontana. Costui m’ispirò fiducia e mi dispiacque solo per certa sua coscienziosità esagerata. Subito mio padre tentò di ribaltarsi verso la sponda del letto per sottrarsi alla mia pressione e levarsi. Celai il capo sul guanciale stesso di mio padre e piansi disperatamente emettendo i singulti che poco prima avevo rimproverati a Maria. E’ ciò ch’io non seppi mai perdonargli. Egli s’agitò tanto che dimenticò d’inforcare gli occhiali e tuttavia scoperse esattamente il punto ove si trovava la mia testa per fissarla con i suoi occhi terribili. — Curioso! Io, per stornarlo dal suo incubo, vinsi subito la sorpresa che mi produsse la sua comunicazione e gli dissi: — Io non avrò mai questo disturbo perchè spero che prima di me muoiano tutti i miei eredi! Andammo alla mia stanza ove egli si lavò anche la faccia. E' la denuncia di Fiammetta Borsellino nello speciale Mafia di Mentana su La7. Maria era ora seduta accanto al letto assieme all’infermiere. Arrivò a riempire la bocca di una sola fumata che subito soffiò via affannato. Io singhiozzai ancora, temendo che subito guardassero e vedessero tutto. [p. 57 modifica]. — mi disse bonariamente. Il mio desiderio di salute m’aveva spinto a studiare il corpo umano. Poteva esserci un’azione più malvagia di quella di richiamare in sè un ammalato, senz’avere la minima speranza di salvarlo e solo per esporlo alla disperazione, o al rischio di dover sopportare — con quell’affanno! Mi si avvicinò con gli occhiali in mano guardando il pavimento e, con un sospiro, mi disse: [p. 59 modifica]. Era la prima volta che si voleva da me ch’io pensassi a quelle origini, eppure m’adattai alla lunga lezione per compiacere l’amico. Credo che allora nel mio animo mancasse l’affetto che fa intendere tante cose. Io credo che nei suoi panni io avrei finito col confessare, ma che poi non avrei saputo abbandonare la sarta, visto ch’io metto le radici dove mi soffermo. ../La storia del mio matrimonio All’Università tutti lo conoscevano col nomignolo ch’io gli diedi di vecchio Silva manda denari. Poi stette a guardarmi come mangiavo, mentre lui, dopo un paio di cucchiaiate scarse, non prese altro cibo e allontanò anche da sè il piatto che gli ripugnava. Allora il dottore avrà avuto poco più di quarant’anni. Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, — a me sembra, — troppo presto. Anch’io! Il vento che soffiava ancora a raffiche, mi parve meno violento, benchè sollevasse tuttavia la neve ghiacciata. Così gli fu facile di raccontarmi il bel tiro che m’aveva fatto mettendomi sotto la tutela dell’Olivi. Sì: era tutt’altra cosa! [p. 60 modifica]. Scrivendo, anzi incidendo sulla carta tali dolorosi ricordi, scopro che l’immagine che m’ossessionò al primo mio tentativo di vedere nel mio passato, quella locomotiva che trascina una sequela di vagoni su per un’erta, io l’ebbi per la prima volta ascoltando da quel sofà il respiro di mio padre. L’infermiere disse qualche cosa al medico che [p. 63 modifica]annuì. Ne fece raccomandazione anche a mio padre stesso il quale intese e, con aspetto intelligentissimo, promise, restando però in piedi in mezzo della stanza e ritornando subito alla sua distrazione o meglio a quello ch'io dicevo la meditazione sul suo affanno. Il pianto offusca le proprie colpe e permette di accusare, senz’obbiezioni, il destino. Fumava il giorno intero e, dopo la morte di mamma, quando non dormiva, anche di notte. //it.wikisource.org/w/index.php?title=La_coscienza_di_Zeno_(1930)/La_morte_di_mio_padre&oldid=- — Abbiate coraggio! La cosa più brutta che ho imparato con la morte di mio padre è che si sopravvive a tutto, la cosa più bella anche (eronelcassetto, Twitter) È tutto così difficile. Fu Maria che per prima parlò del medico e andò poi a destare il contadino per mandarlo in città. Nessuno lo crederebbe, ma, ad onta di quella forma, quell’annotazione registra l’avvenimento più importante della mia vita. Anch’io! Non me la perdonò mai e perciò mai ne rise. Egli mi rimproverava due altre cose: la mia distrazione e la mia tendenza a ridere delle cose più serie. In questa lettera da dedicare a un padre morto il figlio o la figlia si rivolgono al proprio papà ricordando i bei tempi vissuti assieme e tristi per la sua scomparsa. Gli attribuiva una difficoltà di parola e il respiro mozzo. Per la morte di mia madre e la salutare emozione ch’essa m’aveva procurata, tutto da me doveva migliorarsi. Prima — essa assicurava — egli s’era agitato di più, mentre ora le pareva relativamente tranquillo, ma non si sarebbe rischiata di lasciarlo solo. Per un breve istante, terrorizzato, egli obbedì. Erano degli occhi spiacevoli allora. [p. 46 modifica]Maria, la nostra cameriera, m’aspettava alla finestra e sentendomi avvicinare gridò nell’oscurità: Maria era una di quelle fantesche come non se ne trovano più. Egli era morto ed io non potevo più provargli la mia innocenza! Poi con grande fatica e con l’aiuto dell’infermiere si coricava sul letto adagiandovisi prima per un attimo sul fianco sinistro eppoi subito sul fianco destro su cui sapeva resistere per qualche minuto. Sarei stato meno malato. Stavamo insieme a scuola, mi accompagna con amore e senza paura. S’era così concessa una sosta per riflettere tranquillamente. — Papà — dichiarai io commosso — ti sentirò volentieri. — rispose seccamente. Fu come un sogno delizioso: eravamo oramai perfettamente d’accordo, io divenuto il piú debole e lui il piú forte. Benchè l’affanno fosse sempre fortissimo, egli diceva di tempo in tempo qualche breve parola assennata. La giustificazione a posteriori del proprio comportamento, tipica del resoconto memoriale che Zeno consegna al dottor S., è così duplice indizio sia della insincerità del protagonista (che non a caso altera alcuni dati del rapporto con la figura opprimente del padre) che della sua incapacità di adeguarsi alla morale vigente, cosa che lo cotringe, di fatto, a simulare una commozione che non prova. Era vero. Con questa ricca e bella chioma. Suonò il campanello e nello stesso tempo chiamò [p. 50 modifica]Maria con la voce. Lo trovammo che dormiva adagiato sul fianco destro. Invece dovevo ora lottare per fargli ingoiare la medicina ed ora per impedirgli di uscire dalla stanza. Poi soggiunse: — Adesso penserò alle parole che ti dirò domani. «Mio padre si è contagiato in quella struttura ed è morto. Pare che il mio sogno si sia fatto rumoroso perchè mia moglie l’interruppe destandomi. Se muore un genitore senza testamento ... - La Legge per Tutti Zeno non è mai riuscito ad avere un saldo rapporto affettivo con il genitore, soprattutto dopo la morte della madre.
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